Tav - dossier-shock di Nimby: «Popolazione tenuta all’oscuro»

Mai come di questi tempi le capacità del politico di professione si mescolano con la sua abilità nel sedurre i cittadini-elettori e manipolare la realtà. La bravura delle nuove classi dirigenti è diventata soprattutto quella di far apparire “sostenibile” qualsiasi intervento; ad un livello tale di mistificante perfezionamento dei messaggi che quanto più le opere sono grandi, costose e impattanti tanto più appaiono “eco-sostenibili”.

La diffusa opposizione al TAV della Val di Susa è un’utilissima lezione per i ciceroni di questa politica; hanno cioè imparato che l’unico rimedio per prevenire una presa di coscienza simile a quella dei Valsusini è quello di impedire che l’informazione e la consapevolezza si diffondano e al contempo di emarginare qualsiasi voce contraria. Anche in Trentino-Alto Adige, per loro, non dovrebbe crescere alcun tipo di opposizione.

Il 28 aprile 2006 la Provincia di Trento organizzò un convegno per “un confronto costruttivo con le popolazioni interessate.”; un obiettivo così sentito che la discussione venne relegata ai quindici minuti conclusivi. Da allora non c’è stata nessun’altra pubblica iniziativa, salvo un convegno dell’ottobre 2006.
Sempre più persone capiscono che il “modello TAV” rappresenta una delle più grandi illusioni e uno dei più grossi buchi finanziari di questo paese: solo per le tratte affidate nel 1991, poco meno di 90 miliardi di € a carico del bilancio pubblico a cantieri finiti nel 2013.

Il progetto TAV/TAC Brennero-Verona. Gli elementi principali si possono riassumere così: una galleria di base, quella del Brennero, lunga 55 km (di cui 32 in Austria e 23 in Italia); tratte di accesso Sud in territorio italiano per circa 200 km e oltre 150 km di gallerie tra Fortezza e Verona. In Trentino, la versione 2008 del progetto per la nuova linea non è ancora depositata, ma i suoi caratteri principali si conoscono e sono quelli della variante che passerebbe a Marco: quasi 80 km di nuova linea dal confine con la provincia di Bolzano a quello con la provincia di Verona, compreso un sottopasso di 7 km sotto la città di Trento verso lo scalo Filzi; circa 72 km in galleria, più la lunghezza del cunicolo esplorativo; circa 8 km di tratte all’aperto nella piana davanti a Sorni, a Sud di Mattarello di fronte ad Aldeno e tra Marco e Serravalle.

Le ragioni infondate dei promotori. Il progetto si basa essenzialmente su due presupposti non dimostrati: che la linea ad alta capacità servirebbe per eliminare il traffico merci dalla A22 e che quella esistente sarebbe prossima alla saturazione. E’ un dato acquisito che il traffico merci sulla A22 è così imponente non perché manchi nel corridoio del Brennero un’infrastruttura ferroviaria TAV/TAC ma perché non c’è ancora una politica del traffico che sia attenta anche alle esigenze del territorio attraversato, e non solo agli interessi dell’autotrasporto e della società concessionaria.

Buona parte delle merci che circolano sull’A22 segue quel tragitto non per necessità ma perché i pedaggi sono convenienti (il costo al km in Italia è un quinto rispetto all’Austria e alla Svizzera). Ecco la causa di un traffico deviato che raggiunge percentuali di circa il 30%. Se davvero si volesse limitare il trasporto merci sulla A22 basterebbe riequilibrare le tariffe in tutto l’arco alpino, fare rispettare gli obblighi degli autotrasportatori (pesi, ore di guida, velocità, etc.), introdurre un divieto di transito notturno e vincoli per categorie di merci (di fronte a una posizione unitaria di Italia e Austria la UE non protesterebbe). Non è difficile stimare che così un’altra importante percentuale di traffico prenderebbe le proprie vie logiche, portando il traffico sulla A22 a quote non patologiche. E magari, guarda caso, andrebbe anche per la ferrovia esistente.

Le potenzialità della ferrovia. La ferrovia del Brennero ha ancora liberi circa due terzi della sua capacità potenziale di trasporto merci; e dopo gli adeguamenti in corso di ultimazione in Austria e in Italia avrà un terzo di capacità residua (secondo gli standard svizzeri, ne avrebbe molta di più). E’ vero invece che dovrebbe essere gestita in modo diverso, per esempio migliorando l’intermodalità e la capacità di esercizio, obbligando il trasporto merci su strada a guardare alle possibilità di trasporto attraverso gli altri valichi ferroviari alpini, in una logica di rete. Non si possono usare le inefficienze e i ritardi di Rete Ferroviaria Italiana per accampare la necessità di una nuova linea.

Devastazioni all’ambiente. Il progetto TAV Brennero-Verona prevede lavori per 30-40 anni con danni che si possono così elencare: cantieri grandi e piccoli diffusi nelle valli dell’Adige e dell’Isarco; enorme e irreversibile consumo di territorio e distruzioni di terreni agricoli; gravi interferenze con le risorse idriche proprio in una fase storica in cui tendono a scarseggiare; produzione di grandi quantità di materiali di scavo da collocare in buona parte in discariche da individuare nei pochi spazi liberi residui delle piane vallive.

I costi. Le informazioni disponibili sui costi, anche se parzialmente incomplete, rinforzano le preoccupazioni sulla ragionevolezza del programma avviato. Per la sola galleria di base del Brennero e le relative opere accessorie (tra cui il cunicolo pilota di Aica) la Società BBT SE - nella richiesta del finanziamento UE - ha stimato un costo complessivo di 6 miliardi di € (per l’Italia 1,2 miliardi); che nel progetto definitivo depositato è salito a 7,2 miliardi con un aumento del 20% in nove mesi. Altre fonti indipendenti propongono valutazioni anche molto superiori e stime che mediamente possiamo indicare in un totale di circa 10 miliardi (per l’Italia circa 2 miliardi per i 23 km di competenza, adottando il modello di ripartizione dei costi ipotizzato dai promotori).

Gli interrogativi. Per le tratte di accesso Sud la mancanza di una parte della progettazione rende i dati ancora più imprecisi e sottolinea come sia stato illogico approvare alcuni progetti preliminari (i due lotti prioritari in Provincia di Bolzano) senza un quadro globale consolidato. Le informazioni diffuse da Rfi e dalle due Province permettono comunque di stimare un totale, da Fortezza fino a Verona, intorno a 8,5 miliardi. Ma valutazioni indipendenti indicano invece una cifra media totale, più che doppia, di quasi 19 miliardi. E si tratta di importi destinati a un progetto di cui non è stata per nulla dimostrata l’utilità e che promette gravissime devastazioni ambientali. In Italia dal 1991 al 2006 i costi complessivi dei programmi TAV hanno visto (e vedono) aumenti consistenti. Sull’asse del Brennero potrebbe accadere lo stesso. Non si può quindi escludere che ad opere finite (2040-2050?) la nuova linea ferroviaria veloce tra Brennero e Verona sarà costata all’Italia somme improponibili.

L’indebitamento. Basato su un modello gestionale dappertutto in deficit, anche il progetto TAV/TAC Brennero-Verona indebiterebbe le future generazioni per molte decine di anni infliggendo direttamente e indirettamente alla collettività costi non sostenibili. A prescindere dai reali importi finali, la loro ripartizione risponde ai seguenti criteri principali:
- il finanziamento della galleria di base sarebbe suddiviso tra la UE (30%), Austria e Italia (20% ciascuna), le società di gestione autostradale A22 per l’Italia e Asfinag per l’Austria (intorno al 10%), un intervento di capitale privato (20%) basato su un modello di partnership pubblico-privato (con tutti i dubbi e i rischi per il bilancio statale che l’esperienza, in Italia, ricorda);
- il finanziamento delle tratte di accesso Sud è molto più incerto, con contributi UE molto modesti per la progettazione e forse più consistenti per la costruzione (fino a 2 miliardi nel periodo 2014-2020), eventuali interventi della A22 e tutto il resto a carico della parte pubblica nazionale (Stato e forse Province autonome e Regione Veneto).

Nimby trentino - www.ecceterra.org