Tre donne e 13 asini sui monti lagarini


tratto dal quotidiano 'L'Adige'

RENZO M. GROSSELLI

31/05/2009

I mparare di nuovo a vivere, con più senno, più lentezza e ponderazione. Fuori da ogni mondo di plastica, fuori dalla logica dell'apparenza, del consumo e della corsa. E farlo attraverso il contatto con l'asino. Una via slow alla vita, con l'apporto di un animale slow . È la storia di tre donne. E di tredici ciuchi, sulla montagna lagarina.

Da Aldeno verso Cimone, con i suoi terrazzamenti. Scoppia di fiori la montagna. C'è il sambuco e il maggio ciondolo. Il Trentino è bello e viene da pensare che ai primordi sia stato il cantiere di Dio. La piana di Cei, fatta d'acque e d'erbe, poi un faggeto di verde tenero e d'ombra. A sinistra si va verso Malga Cimana. Sono quattro chilometri. Lassù la malga è stata ristrutturata dal Comune di Villa Lagarina. C'è il bar-ristorante, due stanze per i viandanti e un camerone che può ospitare sedici bambini. Poi gli animali.

Michela Luise, di Trento, ha 49 anni e sta qui dal 2006. «Ci arrivai per sviluppare una fattoria didattica, per fare animazione visto che da molti anni sono educatore ambientale». Nel cassetto ha una laurea in Geologia e un dottorato in Scienze antropologiche. «Ma come dice mio papà io sono fatta più per le chiacchiere. Ho lavorato per tanto tempo come accompagnatore per il Parco di Paneveggio». Quindi ha pensato di occuparsi di sviluppo sostenibile e intelligente di zone marginali. «Non solo dal punto di vista naturalistico e ambientale ma anche delle risorse umane. Le zone marginali temono le novità ma se non sei flessibile, rimani marginale».

Siamo a 1.178 metri. Michela: «Dal 2002 stavo in Val di Gresta con mio marito Armando: facevo le mie consulenze e allevavo asini. Mi ero iscritta anche all'albo delle aziende agricole e...». Perché uno si mette ad allevare un animale così desueto? Qui lei diventa un'apocalisse. «Sono visti come bestie inutili. Invece sono fantastici per la pulizia del territorio, meno problematici di pecore e capre. A Treviso li hanno presi per tenere puliti i bordi delle strade. Anche a Sud li usano molto e così in Francia, Portogallo e Spagna. Per la soma ma anche al posto del cavallo». Respira forte e riattacca: «E c'è la onoterapia, gli aspetti curativi dell'asino. In Italia nascono sempre più centri di trekking con l'asino. È la nuova idea dell'andare piano».

Quindi, dopo lo slow food è venuto il tempo della slow life ? «L'asino è un compagno fantastico di passeggiata. E ti permette di lavorare su una serie di competenze sociali, specie coi bambini. È un animale tranquillo, niente prestazioni, niente performance ». Un animale, insomma, che ti costringe ad avere un altro approccio con la vita. «Un modo buffo di camminare, una zampa davanti all'altra, lento ma su lunghi tragitti».

Quanti asini avete qui? «Io, mio marito e Federica Aste ne abbiamo dieci e con la cooperativa ne abbiamo altri tre a Merano, presso la clinica psichiatrica, ma ora arriveranno qui. Con noi c'è la psicologa, di Salurn (non vuol sentire parlare di Salorno), Marlene Vettori». Bene, forse è l'ora di spiegarci i ruoli di tutti voi e anche cosa ci fate con i ciuchi. «Io faccio pasticci, diciamo che potrei essere la creativa. Le mie due compagne riparano i danni, sono i piedi per terra del progetto». Il progetto? «Bambini, adulti, persone disabili. Attraverso l'animale cerchiamo di avvicinarli al benessere». Vieni qui e ci rimani, un tempo breve o lungo. «Il problema è quello del trasporto. Da Villa Lagarina vogliono 20 euro per trasportare qui ogni bambino e 23 da Rovereto». In Italia ogni categoria si protegge... dal libero mercato. «Noi non possiamo portarci qui i gruppi e le scolaresche, perché non siamo autotrasportatori. Quindi in un anno arrivano qui solo una decina di scuole».

Cosa dicono di questo, gli assessorati provinciali ai trasporti, al turismo e all'agricoltura? Andiamo avanti. «Lavoriamo molto però con cooperative sociali, con la disabilità. Vengono anche da Treviso, Padova. E c'è l'attività estiva. Quest'anno abbiamo 470 bambini iscritti: vengono su per una settimana o anche per 5, 6, 10 settimane. Sono figli di lavoratori. Ci mandano i loro bambini per farli stare in montagna, vivere momenti diversi, all'aria senza computer, tivù, giochi predefiniti».

«Ma qui - la interrompe Marlene che ci ha raggiunti - ci sono sassi, legni, pigne». Che tipo di giornata proponete? «Conoscere il territorio con l'animale. Abbiamo anche Clementina, la capra sociale che fa l'accoglienza. Poi l'approccio all'asino e con lui andiamo in cammino. A volte a piedi e a volte montati». O ra è poesia: «L'asino è paziente, si sale, si scende, ci si aggrappa a lui.

Federica e Marlene sviluppano anche il modo approcciarsi al cane, abbiamo qui tre cani che tra poco saranno sei. Il cane è l'asino sono due animali speciali, se non vogliono vanno via subito, sono chiari e determinati: il nostro obiettivo sul lungo termine sono le modalità di attenzione al come si è e al come si vuole essere con l'altro. Comportarsi in modo più attento e corretto con l'altro. Inizi con l'animale e poi arriverai all'uomo».

Non tutto è facile. «Lavoriamo con l'asino che per la nostra cultura è un animale passivo, tonto. Difficile superare questo pregiudizio. Invece gli asini sono un mondo». F ederica Aste mette in fila i loro nomi: «Abbiamo Berta, la Valeria Marini degli asini, la coscia più bella del Nordest: lei ama e accetta i bambini, le fanno di tutto». Ma i cavalli.... «Al cavallo si dice quello che deve fare, all'asino si chiede e col mulo si media». Orpo ! Ma attenzione, dietro tutto ciò non c'è approssimazione. Le nostre tre donne hanno seguito corsi di formazione, anche di alto livello, lavorano su progetti e con un rete di collaboratori sul territorio. «Con l'asino si gioca, si passeggia, lo si osserva. Le sue orecchie sono un radar, il suo fiuto è un modo di leggere l'ambiente. I bambini si prendono cura delle bestie, pulizia, cibo. I bambini di oggi hanno tempi brevissimi di attenzione e hanno bisogno di ritorni immediati». Andiamo dagli asini. Ci vengono incontro, col muso ci dicono che vogliono essere accarezzati, uno o due ci leccano. Hanno trovato, con certezza, un loro simile.

Michela Luise, Federica Aste e Marlene Vettori sono le prime in Italia ad aver ottenuto una certificazione per questa loro attività con gli asini, attraverso la Delta Society . È certificato che sono in grado di offrire una interazione di qualità con l'animale. Arrivano altri asini, Querida, Berta, Paride, Lalla, Iaia, Pompea, Boris, Wanda, Iole. «Lo sapevi che c'è un paese in Cornovaglia in cui le macchine arrivano sino alla periferia, poi tutto si sposta a dorso di mulo?». No, non lo sapevamo. Ma sappiamo che quassù si sta bene e che queste tre donne con i loro asini e cani, con la loro capra, ci paiono un filtro intelligente con la nostra montagna trentina. La più bella del mondo.