Acqua - risposta a Gilmozzi e referendum


Rovereto 22 agosto 2010

Abbiamo letto sui giornali di ieri del disegno di legge proveniente
direttamente dalla giunta provinciale, firmato dall'assessore UPT
Gilmozzi, per ostacolare la privatizzazione forzata dell'acqua prevista
dal decreto Ronchi, e ci sembra utile provare ad aprire nel merito una
discussione, visto che sull'argomento sono state raccolte 1.400.000 firme
per l'indizione di un referendum nazionale (11.000 nel Trentino).
Chiediamo quindi ospitalità ai vostri giornali per iniziare una
discussione che è urgente, intrecciandosi qui da noi con il tema delle
Comunità di Valle di prossima elezione (ottobre), visto che fra i compiti
delle stesse è prevista anche la gestione associata degli acquedotti.

A quanto abbiamo capito dagli articoli di ieri, l'idea di Gilmozzi sarebbe
quella di svincolare i comuni trentini dall'obbligo previsto da Ronchi di
cedere i propri servizi idrici a società nelle quali, anche se miste
pubblico/privato, i privati abbiano un ruolo di fatto dirigente,
sviluppando quindi la vocazione a realizzare profitti privati sull'acqua.
Ma bisogna ricordare che la gestione privata dell'acqua non è stata
"inventata" da Ronchi, ma viene avanti da decenni sospinta da normative
anche precedenti, e dalla sempre maggior difficoltà in cui si trovano i
comuni italiani, colpiti da continue sottrazioni di risorse, che rendono
difficile condurre direttamente quelle che ormai devono essere gestioni
industriali dei servizi idrici. Che la privatizzazione non l'abbia
inventata Ronchi lo dimostra anche la situazione trentina, dove chi serve
il maggior numero di utenze, circa il 40% (comprese le due aree urbane di
Trento e Rovereto), è già una Spa con il "privato" a quota 38%, Dolomiti
Reti, non molto lontano quindi da quel "almeno 40%" previsto dal decreto
Ronchi. Gli abitanti di Trento e Rovereto, insomma, già pagano, con le
loro bollette, profitti ai privati. La proposta Gilmozzi quindi farebbe
cadere gli obblighi ad una privatizzazione "tutto e subito", ma lascerebbe
operative le pressioni più soft che hanno già portato, intanto, ad una
privatizzazione in quelle aree in cui il servizio ha sicura ed immediata
appetibilità per il privato. La privatizzazione potrebbe poi procedere
comunque lo stesso, solo più tortuosamente affidata ai problemi tecnici e
di bilancio a cui i comuni verrebbero lasciati. Una alternativa potrebbe
essere invece puntare ad un consolidamento delle gestioni pubbliche
tramite forme consortili (Comunità di Valle?), in grado di partire da
dimensioni adeguate per gestioni industriali del servizio, e mettendo
risorse in comune, ma con gli strumenti di controllo ben in mano ai
cittadini, tramite istituzioni pubbliche votate non a produrre profitti
per qualcuno, ma servizi per tutti, ai soli costi di esercizio.

Ma c'è anche un'altra questione che ipoteca gli esiti della proposta di
legge Gilmozzi. Il decreto Ronchi vale per tutto il territorio nazionale,
mentre Gilmozzi tenta di creare delle protezioni locali basandosi sulle
specificità locali. Una sorta di "via autonomistica", ma quando è passato
a livello nazionale il decreto Ronchi (autunno 2009) la Provincia non lo
ha contestato in base alle proprie competenze primarie in materia di
acqua, quindi la via è comunque stretta.

Noi crediamo dunque che solo l'effettiva indizione del referendum (come
quasi un milione e mezzo di cittadini hanno chiesto) ed una vittoria del
fronte anti-privatizzazione garantirebbe davvero il diritto pubblico
(sociale) all'acqua, creando le condizioni per affrontare tutte le
questioni relative nell'ottica del bene comune, invece che in quello
dell'interesse privato di qualcuno. Invitamo quindi anche la giunta
provinciale a prendere posizione a favore del referendum, ed a spendersi
per un suo buon esito preparandosi a contribuire anche con i suoi mezzi a
portare i cittadini al voto.

Roberto Antolini e Andrea Trentini, per il gruppo Nonsoloacqua di Rovereto