Per scendere un po' nel tecnico del dopo disegno di legge provinciale firmato Gilmozzi della Giunta provinciale, ecco le considerazioni conclusive di Gianfranco Poliandri del Comitato Acqua di Trento dopo un attentissima analisi tra normativa nazionale, provinciale e vincoli europei vari..
buona attenta lettura
COMMENTO CONCLUSIVO di Gianfranco Poliandri
Leggendo la Relazione illustrativa si comprende come il DDL provinciale abbia voluto respingere solo parzialmente la tesi che il Governo ha inserito nell’articolo 23 bis [del Decreto legge n. 112/2008 come modificato dall’art. 15 del Decreto legge n. 135/2009 convertito con legge n. 166/2009] secondo cui le norme comunitarie obbligherebbero a porre sul mercato - cioè ad esternalizzare - i servizi pubblici locali.
Tutta l’impostazione del DDL - pur senza una dichiarazione espressa - tende infatti a far rientrare i servizi pubblici locali provinciali (e quindi anche il servizio idrico) all’interno della categoria dei servizi pubblici locali di rilevanza economica o di interesse economico, mantenendo così nell’ordinamento trentino uno dei presupposti principali che, tra gli altri, sono stati alla base del percorso di privatizzazione graduale e silenziosa dei servizi idrici iniziato nel 1993 e proseguito in maniera incerta attraverso le leggi provinciali n. 6/2004 e 3/2006.
Non si possono peraltro ignorare alcuni aspetti non negativi di questa iniziativa legislativa provinciale. Ma - come si cerca di argomentare nelle righe che seguono – questi aspetti non innovano realmente, non cambiano né l’impostazione generale della normativa di settore trentina né le tendenze in corso.
Il DDL intenderebbe in primo luogo proteggere (nell’immediato e nelle intenzioni) le attuali gestioni dirette in economia dei servizi pubblici locali (dei servizi idrici in particolare) del Trentino contro l’invadenza governativa e l’accelerazione violenta che l’articolo 23 bis del DL n. 112/2008 (come modificato dall’art. 15 del DL n. 135/2009 conv. con legge n. 166/2009) ha impresso in tutto il paese ai processi di privatizzazione dei servizi pubblici locali. E infatti le nuove norme provinciali - conservando esattamente tutte le cinque opzioni di forma gestionale dei servizi pubblici locali oggi esistenti - confermano (anche con qualche enfasi) che questi servizi possono e potranno essere mantenuti attraverso gestioni dirette in economia o attraverso enti strumentali di diritto pubblico.
Questa intenzione protettiva - che riguarda anche l’attività dell’Azienda speciale di Tione - si manifesta tuttavia con due contraddizioni principali.
La Provincia di Trento non ha voluto affrontare a fine 2009 con un ricorso alla Corte Costituzionale - come invece hanno fatto cinque Regioni ordinarie - il problema del valore della normativa statale del 2008-2009, che si pretende attuazione di norme europee in materia di concorrenza e mercato e come tale prevarrebbe sull’autonomia speciale provinciale. La Provincia nel suo DDL da una parte respinge gli effetti della normativa statale (secondo cui ogni gestione diretta in economia dovrebbe cessare teoricamente il 31.12.2010); e non può escludere che il Governo per questo impugni la futura legge provinciale davanti alla Corte Costituzionale. Dall’altra parte contemporaneamente accredita la normativa statale di buona efficacia mutuandone il principio (sconvolgente per il Trentino) che nelle SpA miste il capitale privato deve arrivare almeno al 40%: e infatti il DDL provinciale - si ripete - stabilisce che nelle SpA a capitale misto pubblico privato che gestiscono servizi pubblici locali (il pensiero per i servizi idrici corre subito a Doloniti Reti SpA, controllata interamente da Dolomiti Energia SpA) il socio privato ottiene di raggiungere la partecipazione minima (si noti, non massima) del 40% del capitale sociale. La regolamentazione provinciale attualmente in vigore (e proveniente dalla LR n. 1/1993) prevede al contrario il vincolo dell’influenza pubblica locale dominante, vincolo che viene ora in questo modo a cadere chiarendo che il Governo provinciale non intende sbarrare effettivamente il passo alla privatizzazione dei servizi idrici in corso in Trentino.
La seconda contraddizione, che vanifica nella sostanza la dichiarata intenzione protettiva verso le gestioni dirette in economia e l’Azienda speciale di Tione, è che la forzatura verso la definizione dei servizi pubblici locali come servizi di interesse economico e non come servizi sociali di interesse generale lascia questi servizi esposti a future manovre dello stesso genere (di provenienza statale ma anche provinciale) ed ostacola significativamente il processo di modifica degli Statuti di Comuni e Comunità di Valle che seppure in maniera discontinua e non sempre efficace si è sviluppato negli ultimi mesi.
Agli enti locali viene comunque mantenuta nel DDL la libertà di scegliere - sia pure dopo necessarie analisi di fattibilità e compatibilità (piani industriali) - tra le diverse modalità di gestione dei servizi pubblici locali già disciplinate nell’ordinamento trentino di settore dalla LR n. 1/1993 e dalla LP n. 6/2004 (gestione diretta in economia, azienda speciale di diritto pubblico, soggetto privato, SpA a capitale misto pubblico privato, SpA a capitale totalmente pubblico).
Ma è difficile comprendere perché vengano eliminati i contributi per la formazione di questi piani industriali (la giustificazione della Relazione illustrativa sul punto è inconsistente), sempre che non si tratti di un primo segnale verso una più generale e grave revisione delle politiche di intervento su infrastrutture e manutenzioni straordinarie di settore a carico del bilancio pubblico (FIP). Esistono in effetti alcuni motivati dubbi che l’abrogazione del comma 12 della LP n.6/2002 possa comportare anche una diminuzione dei fondi disponibili per costruzione e manutenzione straordinaria delle infrastrutture e in via generale per l’erogazione del servizio idrico.
La possibilità che il servizio pubblico di acquedotto possa essere gestito in futuro anche per aree più limitate rispetto agli ambiti territoriali ottimali che saranno definiti attenua - ma non elimina - la preoccupazione che l’individuazione degli ambiti territoriali ottimali possa mettere in crisi sia le gestioni comunali in economia sia l’Azienda speciale di Tione.
L’inevitabile e auspicabile processo di industrializzazione e di ricerca di economie di scala che - nella forma associata tramite le Comunità di Valle - le gestioni dirette in economia dovranno affrontare (con sbocchi evidenti verso le forme consortili e le Aziende speciali, non certo verso le SpA anche totalmente pubbliche come tanti vorrebbero) andrebbe accompagnato dalla Provincia con azioni forti di sostegno e non semplicemente tollerato.
La garanzia formale di libertà che gli enti locali (i Comuni e le Comunità di Valle) mantengono nel DDL a proposito della scelta sulle forme di gestione dei servizi pubblici locali non modifica comunque:
a)né lo sbilanciamento dei poteri a sfavore dei Comuni e a favore delle Comunità di Valle nella scelta delle forme gestionali in questione;
b)né in particolare il fatto che tutto l’impianto della riforma delle autonomie (la LP n. 3/2006) e tutta l’impostazione degli Statuti delle Comunità di Valle - al di là delle dichiarazioni formali - e non valorizzano le specificità locali ma pongono premesse abbastanza sostanziose per omogeneizzare le modalità organizzative dei servizi pubblici locali secondo criteri di mera produttività industriale e secondo standards medi non facili da sostenere per le gestioni separate;
c)né infine l’esplicito dispiegamento di previsioni normative, incentivi e condizioni speciali che il Governo provinciale ha operato negli ultimi anni allo scopo di favorire la scelta della modalità organizzativa della SpA a capitale sociale totalmente pubblico, c.d. in house (modalità che come è noto costituisce una forma specifica di privatizzazione).
Per finire, è del tutto escluso che il DDL provinciale - al contrario di quanto molti pretendono - si ponga nella scia dei quesiti referendari sull’assetto dei servizi idrici locali dell’estate 2010 e ne assecondi il contenuto: l’eventuale successo delle richieste abrogative dei referendum non ammetterebbe più alcuna forma di gestione dei servizi attraverso SpA o miste o totalmente pubbliche che siano ed inoltre avvierebbe una fase sia pure complessa di ripubblicizzazione dei servizi già privatizzati. L’iniziativa della Provincia di Trento va in tutt’altra direzione.
GP